Trump all’ONU: dalle armi biologiche alla “più grande bugia di tutti i tempi”

Nel suo intervento all’80ª Assemblea Generale delle Nazioni Unite, Donald Trump ha trasformato l’organizzazione ospitante nel bersaglio principale.
Con toni sarcastici, ha liquidato l’ONU come un’istituzione inefficace, sprecona e incapace di incidere sulle crisi:
“Una scala mobile rotta e un gobbo rotto, ecco cosa ho ricevuto dall’ONU.”
E ancora:
“Nessuno mi ha mai chiamato dall’ONU per offrirmi il suo aiuto.”
Trump ha rivendicato di aver contribuito personalmente a porre fine a sette guerre negli ultimi sette mesi, mentre l’ONU rimaneva paralizzata, più concentrata sui propri bilanci che sulla pace.
Il passaggio sulle armi biologicheUno dei momenti più rilevanti è stato l’annuncio sul tema delle armi biologiche.
“Today, I’m also calling on every nation to join us in ending the development of biological weapons once and for all.”
Trump ha descritto queste armi come uno strumento potenzialmente apocalittico:
“We know — and I get to view it all the time — these are weapons so powerful that we just can’t ever use them. If we ever used them, the world literally might come to an end. There would be no United Nations to talk about. There would be nothing.”
Ha promesso che gli Stati Uniti guideranno un nuovo sistema di monitoraggio internazionale, basato sull’intelligenza artificiale, per garantire che nessuna nazione possa sviluppare simili programmi in segreto.
Un passaggio inedito per la politica americana: per anni Washington ha negato la necessità di verifiche intrusive, mentre ora Trump si presenta come il promotore di una nuova architettura di sicurezza globale.
Le accuse russe sulle armi biologiche e il generale Kirillov uccisoE’ da annotare che nell’ambito della guerra in Ucraina, la Russia ha lanciato accuse gravi riguardo allo sviluppo di armi biologiche da parte di Kiev, spesso collegandole a presunti laboratori finanziati dagli Stati Uniti. Tali affermazioni fanno parte della narrativa propagandistica russa e sono generalmente respinte da Kiev, dagli Stati Uniti, e dalle organizzazioni internazionali come privo di evidenze conclusive.
Le accuse russe sullo sviluppo di armi biologiche in Ucraina non nascono nel vuoto. A sostenerle pubblicamente è stato il generale Igor Kirillov, capo delle forze russe per la difesa radiologica, chimica e biologica, che in più occasioni ha denunciato l’esistenza di programmi di ricerca biologica a Kiev legati a finanziamenti statunitensi. Le sue accuse, sebbene liquidate come propaganda, hanno trovato un elemento di conferma in una circostanza imbarazzante per Washington: nel marzo 2022 Victoria Nuland, sottosegretario di Stato USA, durante un’audizione al Senato ha ammesso l’esistenza in Ucraina di “biological research facilities”.
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In un’audizione al Senato USA del 7 marzo 2022, Victoria Nuland, Sottosegretario di Stato per gli affari politici, ha ammesso che “Ukraine has biological research facilities” (“l’Ucraina ha strutture/research facility biologiche”).
Un dettaglio non trascurabile: Nuland non parlò genericamente di “laboratori civili”, ma sottolineò che gli Stati Uniti erano “molto preoccupati che materiali biologici cadessero nelle mani delle forze russe”. È un’ammissione che solleva interrogativi: se si trattasse soltanto di laboratori di analisi veterinaria o sanitaria, perché temere che un eventuale controllo russo rappresentasse un pericolo?
Un dato storico rafforza i dubbi: in passato, gli Stati Uniti hanno già aggirato i limiti della Convenzione sulle armi biologiche (1972) finanziando programmi di “ricerca a duplice uso” in vari Paesi ex-sovietici. E proprio l’Ucraina era parte integrante del Programma di riduzione della minaccia biologica (Nunn-Lugar), gestito dal Pentagono dopo gli anni ’90, con fondi miliardari.
Il fatto che il principale accusatore, il generale Kirillov, sia stato assassinato a Mosca nel dicembre 2024 con un ordigno esplosivo, ha aggiunto un alone ancora più cupo. Mosca ha attribuito l’attentato a servizi collegati all’Ucraina, mentre Kiev lo considerava un criminale di guerra. Sta di fatto che la sua morte ha eliminato la figura simbolo delle denunce sul fronte biologico, lasciando spazio solo a documenti parziali e a un sospetto irrisolto.
In questo intreccio, il metodo deduttivo porta a una conclusione semplice: non siamo di fronte a fantasie prive di fondamento, ma a un campo grigio in cui ammissioni ufficiali, precedenti storici e coincidenze inquietanti compongono un quadro di opacità.
La “più grande bugia di tutti i tempi”: il climaNon meno dirompente è stata la presa di posizione sul cambiamento climatico:
“Le affermazioni sul cambiamento climatico sono la più grande bugia di tutti i tempi.”
Con questa frase, Trump ha stracciato anni di narrativa “green”, definendo la transizione energetica un “trucco” per impoverire i cittadini e indebolire le economie occidentali. Ha ammonito gli europei che, se non abbandoneranno il “green deal”, “i vostri Paesi andranno all’inferno”.
Si tratta di una dichiarazione che colloca l’America trumpiana in netto contrasto con l’agenda climatica ONU ed europea, e che avrà effetti pesanti sul dibattito internazionale.
L’America “più forte che mai”Il secondo nucleo del discorso è stato l’elogio degli Stati Uniti.
“Gli Stati Uniti hanno indebolito i quattro anni di radicalismo sotto Biden, ma oggi il Paese non ha concorrenti al mondo.”
Trump ha parlato di un’America con “l’economia, i confini, l’esercito, le amicizie e lo spirito più forti”, rivendicando che il mercato azionario “sta andando meglio che mai”.
Ha lodato la NATO, che sarebbe “più forte di prima”, e ha insistito: “Gli Stati Uniti sono di nuovo rispettati.”
Immigrazione: messaggi durissimi anche agli alleatiSul fronte migratorio, Trump è stato categorico:
“Il nostro messaggio è molto semplice: se sei entrato illegalmente negli Stati Uniti, andrai in prigione o tornerai da dove sei venuto, e forse anche oltre.”
Ha esteso il monito agli altri Paesi, avvertendo che la mancata difesa dei confini porta al collasso delle società. Ha persino ringraziato El Salvador per aver accolto un numero record di criminali deportati dagli USA, presentandolo come esempio di collaborazione di sicurezza.
Gaza, Iran e PalestinaInfine, Trump ha parlato del Medio Oriente.
Sulla guerra a Gaza, ha chiesto che “deve essere fermata immediatamente e che gli ostaggi rimasti siano rilasciati”.
Sul riconoscimento dello Stato palestinese, è stato netto:
“Riconoscere uno Stato palestinese non farebbe altro che alimentare il conflitto e costituirebbe un regalo ad Hamas.”
Ha infine annunciato con fermezza che i bombardieri statunitensi hanno distrutto completamente gli impianti nucleari iraniani, rivendicando una linea di assoluta durezza nei confronti di Teheran.
Una linea divisiva ma coerente con la sua visioneIl discorso di Trump si regge su due pilastri:
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la demolizione dell’ONU come organismo inefficiente e privo di utilità reale;
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la proclamazione di un’America tornata “più forte che mai”, capace di guidare il mondo imponendo nuove regole.
I passaggi su armi biologiche e cambiamento climatico accentuano la distanza con l’agenda globalista: da un lato un invito alla trasparenza totale, dall’altro un rifiuto radicale del “dogma green”.
Al netto delle provocazioni e dei toni polemici, Trump ha delineato un’America che non intende adattarsi al quadro internazionale esistente, ma riscriverlo a suo favore.
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